I corsi universitari? Ce ne sono di "maschili" e "femminili": ecco perchè
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venerdì 3 dicembre 2021
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di Mattia Petrosino
Si guardi ad esempio i dati dell’Università di Bari. Il Politecnico, su 10mila iscritti totali, conta il 69,37% di ragazzi, così come Informatica, che vede una presenza maschile pari addirittura all’87%.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Al contrario ci sono facoltà che è quasi lecito definire “rosa”. Si veda il 96,26% di donne presenti a Scienze della Formazione e il 91,8% che affolla i banchi di Scienze del servizio sociale, ma anche l’82,51% di Psicologia, l’81,2% di Lingue e il 77,48% di Lettere.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Appare quindi chiaro come ci siano indirizzi universitari in cui il divario tra i due sessi è decisamente marcato, il tutto considerando che, in generale, l’Università conta più studentesse che studenti (il 62,41% degli iscritti all’Uniba è infatti donna).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Le ragazze quindi studierebbero di più? E perché esistono “facoltà maschili” e “facoltà femminili”? Abbiamo posto queste domande a Giacomantonio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Come mai all’Università sono iscritte più ragazze che ragazzi?
Semplice: l’Università non è più vista come un mezzo per trovare facilmente lavoro e questo porta quindi i giovani a cercare altre vie occupazionali non legate al conseguimento di una laurea. E nel caso in cui i ragazzi decidano comunque di studiare, preferiscono impegnarsi in corsi che hanno risvolti pratici, come appunto Ingegneria e Informatica, che tra l’altro sono considerate, in generale, facoltà che offrono maggiori occasioni professionali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Scusi ma le donne non sono interessate a trovare un impiego quanto gli uomini?
Certo che lo sono, ma le famiglie (e in generale la società) donano loro più “scelta” rispetto ai maschi. L’uomo è quello che “deve” essere occupato, che “deve portare i soldi a casa”: se non lavora è considerato un fallito. Al contrario alla donna viene sempre data l’alternativa di occuparsi dei figli, della casa. Oggi è ancora così. Nonostante il progresso, si tratta di un concetto ancora ben radicato in Italia, soprattutto al Sud. Di conseguenza alle ragazze viene concesso tempo per programmare il proprio futuro: possono concentrarsi sullo studio, rimandando a un secondo momento la ricerca, eventuale, di un impiego.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Detto questo, perché le ragazze preferiscono facoltà più teoriche, umanistiche?
I motivi sono due. Il primo è legato a ciò che abbiamo detto prima: non subendo la stessa “pressione” che viene fatta sui ragazzi, le ragazze sono libere di scegliere la facoltà che preferiscono, anche teoriche e meno pratiche, come quelle legate agli studi umanistici. Il secondo invece ha a che fare con certi modelli culturali che, per quanto evidentemente mutati nell’ultimo ventennio, portano ancora a considerare la figura femminile come quella “giusta” per accudire, educare, ascoltare e comunicare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
È questo il motivo per cui, ad esempio, Scienze della Formazione conta una percentuale di studentesse pari al 96,26% del totale...
Sì, il caso del corso di Scienze della Formazione Primaria è molto significativo. Lì si formano soprattutto i futuri maestri, sia della materna che elementare. Ebbene, sembra che la società attuale non consideri la possibilità che ci siano dei maschi a educare i bambini. L’uomo è considerato troppo “forte” per poter interfacciarsi con i più piccoli, al contrario della donna, la cui figura viene ricondotta a quella rassicurante della “mamma”. Un tempo in realtà era normale che ci fossero docenti maschi, ma oggi si sta assistendo a una "infantilizzazione" della società esageratamente protettiva nei confronti dei più piccoli.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Stessa cosa per gli assistenti sociali…
La figura femminile è vista come quella adatta ad aiutare soggetti più deboli come bambini e anziani. Si spiega così il 91,8% di iscritte a Scienze del servizio sociale. La cosa strana è che in questo genere di dipartimenti la maggior parte dei professori che insegnano sono uomini: quindi non parliamo di materie di studio “al femminile”, ma solo di facoltà che danno accesso a occupazioni che la società considera “giuste” per le donne.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Anche a Lettere e Lingue si registra una maggiore presenza di studentesse.
Qui si ha a che fare con l’“indole” della donna, più incline a parlare, ad argomentare e a confrontarsi: è quindi normale che le ragazze prediligano tipologie di corsi che hanno a che fare con la comunicazione e l’interazione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E per Psicologia invece? Il corso conta addirittura l’82,51% di iscritti di genere femminile…
Questo perché la donna è più portata ad ascoltare e a “capire gli altri”, mentre l’uomo tende a essere invece pratico, frettoloso e silenzioso. Il rapporto tra due amiche non è certo lo stesso che tra due amici: nel primo caso si constata una certa complicità nel raccontarsi anche vicende personali. Mentre i ragazzi parlano di meno tra di loro e quando hanno bisogno di sfogarsi, magari dopo una delusione d’amore, si rivolgono quasi sempre alla “comprensiva” figura femminile.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nella foto: un’aula di studio del corso di Scienze della Formazione Primaria di Bari
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Scritto da
Mattia Petrosino
Mattia Petrosino